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Violenza domestica, perché non denunciano, come si può aiutare a denunciare

“La maggior parte delle donne vittime di violenza non denuncia la propria esperienza alla polizia o a organizzazioni di sostegno alle vittime”. Non solo: “la maggior parte delle donne vittime di violenza non entra in contatto con il sistema della giustizia né con altri servizi”.

Perché le donne non denunciano? La risposta è incredibilmente complessa, ma soprattutto: la domanda è sbagliata, in particolare quando è posta alle dirette interessate.


Nel momento in cui chiediamo a una vittima spiegazioni in merito alla violenza subita, invece di prestarle assistenza, stiamo praticando victim blaming, stiamo cioè facendo ricadere sulla vittima la responsabilità, anche solo parziale, della violenza che questa ha subito, invece di guardare al reale responsabile di questa violenza. Questa è una questione particolarmente delicata nel caso della violenza sessuale e della violenza domestica, dove le numerose falle nel sistema giuridico, ma anche la mancata sensibilizzazione ed empatia in contesti in cui la vittima si ritrova dopo aver sporto denuncia, portano spesso e volentieri al fenomeno conosciuto come “vittimizzazione secondaria“.

La vittima, magari nel momento in cui trova la forza di denunciare, viene sottoposta a una trafila di domande, richieste di spiegazioni o dettagli superflui che spesso portano la persona a rivivere la violenza subita, processo che viene paragonato a una nuova violenza, portando appunto a questa nuova vittimizzazione, detta secondaria.

Ciò avviene perché si parte, spesso anche inconsciamente, dal presupposto di dover trovare una qualche incoerenza nella narrazione che porti la denuncia a perdere fondamento, minando quindi la credibilità della vittima. È importante non sottovalutare la necessità dell’indagine legale per fare chiarezza sul caso e sulla denuncia: il problema spesso sta nel come questi processi sono strutturati e nei pregiudizi dei professionisti e delle professioniste che rischiano di martoriare ulteriormente la vittima. Non è raro leggere nelle sentenze dettagli o osservazioni che poco hanno a che fare con il caso in sé ma che, insinuano dubbi sulla sua credibilità e distolgono l’attenzione dal problema della violenza di genere in quanto fenomeno.

Le forze dell’ordine hanno spesso il primo contatto con la vittima, o i professionisti sanitari, fino ad avvocati e giudici. Tutte le parti coinvolte devono essere formate sulle questioni di genere per prestare la massima assistenza, riconoscere i segnali della violenza e agire di conseguenza, anche con le parole giuste. Ad oggi, purtroppo, non è così.

Chiedere, per esempio, a una donna che trova dopo molto tempo la forza di denunciare una violenza “perché non l’abbia fatto prima”, crea proprio una dinamica di victim blaming che sposta la responsabilità dall’aggressore alla vittima. Numerose testimonianze lo rivelano, ad esempio, soprattutto quelle riguardanti violenze commesse diversi anni prima, sono state pubblicamente smontate e criticate da chi commentava che, essendo passato troppo tempo dalla violenza in sé, e quindi le dichiarazioni non risultavano più attendibili o addirittura si trattava chiaramente di falsità.

Iniziamo a vedere quindi alcune motivazioni che possono scoraggiare una donna dal denunciare una violenza commessa da un uomo:

  • la paura di non essere creduta

  • il timore di essere attaccata in un momento di estrema vulnerabilità

  • la concreta possibilità di una vittimizzazione secondaria a livello sociale, mediatico e giuridico

Per quanto riguarda invece la violenza domestica, è fondamentale sottolineare che il sistema giuridico è ancora estremamente in difficoltà nella gestione delle denunce per maltrattamenti in famiglia: ci sono numerose falle nel sistema che rischiano di mettere a rischio la donna, invece di proteggerla. Troppo spesso ci si accanisce sulla denuncia in sé, semplificando di molto la questione. Denunciare è importantissimo, ma lo è anche analizzare le dinamiche che ciò scatena in un contesto di violenza domestica, dove il rischio per la donna può essere altissimo e aumentare – paradossalmente – proprio dopo aver lasciato il maltrattante. Molto spesso, infatti, il rischio di femminicidio è più alto subito dopo che la donna decide di agire: molti dei femminicidi avviene nei tre mesi strettamente successivi alla fine della relazione. Questo perché l’uomo potrebbe ad esempio sentirsi attaccato o rifiutato e reagire con violenza, assicurare la protezione e tutela alle donne che scelgono di denunciare oggi è imperativo.

Questi dati non dovrebbero però scoraggiare le donne a denunciare, bensì incoraggiare, affidandosi a specialisti, e incoraggiare anche chiunque possa, all’interno del proprio lavoro, della cerchia di amicizie, ecc…, a entrare in contatto con le donne vittima di violenza, e ad accompagnarle nella ricerca di una persona che possa aiutarle, penso appunto specialisti, quali psicologi, criminologi, ecc…. .

Perché nessuna donna merita di vivere nella violenza, e i cavilli legali, burocratici o operativi non dovrebbero essere un motivo per rimanervi.

Perché non ha denunciato? Perché non se n’è andata? Come ha potuto accettare di subire una situazione del genere?

La sfilza di dolorose domande che danno la colpa alla vittima per la situazione in cui si trova, parte dal presupposto che esista una soluzione magica e che la donna non abbia il coraggio di metterla in atto: una volta che denuncerai, ogni cosa andrà al suo posto. Tutto cambierà. Dalla realtà dei fatti emerge chiaramente però che non è così: anche le donne che denunciano spesso non vedono alcuna risposta sul piano legale e, frequentemente, il voler uscire da una situazione di violenza si ritorce contro la vittima, perché ad oggi l’approccio è sbagliato.

Il criminologo utilizza un sistema inverso per aiutare la vittima:

Il sistema che io reputo giusto, è partire dalla vittima, capire perché è vittima e quali sono state le dinamiche che l’hanno resa una vittima. Tenendo in considerazione che l’essere vittima, è un danno che si ripercuote sull’intera società.

Allora e solo allora un vittima sarà veramente aiutata e sarà in grado di denunciare il suo aggressore. E paradossalmente aiutando una vittima si aiuta anche il suo aggressore.

Ma questo è un discorso complesso che potrete conoscere, quando vi parlerò di vittimologia e vittimistica.

Per il momento sono qui per aiutare chi subisce violenza.

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